Sunday, March 26, 2006

Lenox Lounge




Fine Jazz... Attraversi la 125a fino a Lenox Avenue. Allontanandosi dalla Broadway, andando verso est, si ha sempre più l'impressione di entrare in un un altro mondo, dove New York si trasforma nel suo opposto. La gente ti guarda, ti parla. Ero l'unico bianco per la strada, era tardi, ma mi sentivo sicuro: alla faccia dei detrattori di Harlem. Entriamo nel locale: the Lenox Lounge. E' il classico locale jazz che sognavo da ragazzino quando suonavo Ellington e Monk. Sul retro c'è la sala con la live music. Manca soltanto la fitta coltre di fumo, per il resto gli ingredienti ci sono tutti. A parte un pianoforte a mezzacoda su cui ho lasciato gli occhi, muri zebrati, cameriere di colore che passa ogni due secondi col vassoio in mano, chiedendoti cosa vuoi da bere, uditorio chiaramente locale. Un bicchiere di rosso, mentre cominciano a suonare: The Benny Powell Quartet. Sono bravi, carismatici, energici. Il leader, Benny Powell, è un simpatico signore attempato di colore che parla di dolore, amore, vita. Life is a gift of love.

Il rapporto fra suonatori e pubblico è molto caldo. Da diversi punti della sala partono "yeah" dopo gli assoli di trombone e di sax. Scandiamo il tempo con le mani. Sicuramente una delle più belle serate da ricordare. Alla mia sinistra un gruppo di ragazze di St. Louis totalmente prese dal ritmo.

Torniamo a casa. Ho un sorriso a 32 denti: sono felice. E' davvero un bel periodo questo: non c'è un momento che non stia riuscendo a gustarmi pienamente.

4 comments:

Adriana said...

Quanta emozione provi ad ascoltare musica? Ci sono delle serate talmente felici, talmente perfette nonostante i difetti, che in effetti niente potrebbe guastarle. Quando passeggi con quella sensazione di buono dentro, quando guardi il cielo divenire rosso tra un palazzo e l'altro, mentre osservi la gente che cammina accanto a te e immagini le loro vite, le loro gioie, le loro giornate buone o tristi.

Fra said...

Questa è proprio una di quelle serate. Come da un po' se ne stanno presentando. Penso dipenda molto da come ci sentiamo noi dentro. Essere aperti a ciò che ci circonda richiede energia. Oggi uscivo dalla lavanderia self-service, ed una signora di colore stava entrando, carica di bucato. Le ho tenuto la porta aperta per farle entrare: sembrava chissà cosa avessi fatto. Mi sono guadagnato un "God bless you, have a nice night". Sono tornato a casa contento.. Continuo a pensare che dove non c'è opulenza c'è tanta sensibilità.

Adriana said...

E dove la società sembra ricca e forte invece scopri che non ci si saluta, che c'è un'indifferenza atroce. Ricchezza materiale inversamente proporzionale alla solidarietà... se si riuscisse a conciliare le due cose sarebbe tutto più bello...
Quel "God bless you" è il ritorno di fare un gesto con gratuità. Bellissimo.

Anonymous said...

ahh le ragazze di st louis...

alla fine l'hai trovato il jazz!

matte